THE NUDGE

THE NUDGE

“Perché la maggior parte delle decisioni sembrano essere prese da lemuri ubriachi?”

”Le persone che hanno tempo prendono decisioni, non quelle che hanno talento.”

”E perché le persone che hanno talento sono così occupate?”

”Perché stanno correggendo gli errori commessi da coloro che hanno tempo.”

#(Scott Adams)

Nelle toilette per uomini dell’aereoporto di #Schiphol, ad Amsterdam, al centro di ogni bagno a muro si trova l’adesivo di una mosca. Quando deve adempiere a questa funzione fisiologica, di solito l’uomo non si cura di guardare dove il getto si direziona. Perciò, per provocare maggiore attenzione e correggere un comportamento, si è pensato a questo stratagemma in modo che, puntando un bersaglio, l’uomo migliori decisamente la mira. Il risultato è stato che le uscite dagli orinatoi sono diminuite dell’80% con una sensibile riduzione dei costi di manutenzione.

Già le strisce dei parcheggi – purtroppo non sempre osservate – sono un invito ad un utilizzo più ordinato e funzionale dei posti auto, così come le code a zig zag ai check-in degli aeroporti aiutano a rispettare la fila ed evitano il serpentone tipico delle casse dei supermercati.

In particolare, in uno di questi, per stimolare l’acquisto di alimenti più salutari, si è ricorsi ad un’idea tanto originale, quanto geniale: si sono sistemate per terra alcune frecce luminose verdi con scritto: “Segui la freccia per la tua salute !”.

Creatività bizzarra ? Spunti geniali di qualche improvvisato creativo ? Nient’affatto. Si tratta dei #“nudge”.

Ne ha parlato per primo #Richard Thaler, premio #Nobel 2017 per l’economia, secondo il quale spinte gentili, stimoli, pungoli, minimi cambiamenti di contesto possono incoraggiare le persone a prendere “spontaneamente” la miglior decisione possibile nel proprio interesse. Si tratta di minimi passi, spesso sottovalutati, che portano a grandi decisioni.

Ogni dettaglio conta.

Il fondamento si trova nell’umana irrazionalità decisionale. Secondo le teorie economiche, infatti, l’homo oeconomicus, dotato di intelletto pari a quello di Einstein, di capacità mnemoniche degne di un robot, di forza d’animo, volontà e visione degne di Gandhi, sarebbe in grado, da solo, di fare le migliori scelte per se stesso.

Tutto questo in teoria.

Poi c’è la realtà, dentro la quale l’homo diventato sapiens l’homo oeconomicus in action – non è più capace di fare una divisione senza usare la calcolatrice, si dimentica il compleanno dei propri cari, si lascia andare a comportamenti ed abitudini che gli provocano problemi gravi (obesità, tabagismo, alcolismo, droghe). Costui è talmente sapiens da conoscere già tutto questo, ma ciò nonostante è disposto persino a pagare qualcuno che lo aiuti a prendere decisioni migliori per tornare in salute.

Tutto ciò ci viene spiegato dalla “scienza delle scelte”, un ramo delle #scienze sociali e comportamentali sviluppatosi negli ultimi quarant’anni i cui studiosi hanno dimostrato come le decisioni prese dagli umani non siano quasi mai razionali. Non si reclama il fatto – ovviamente impossibile – che ogni decisione debba essere perfetta a priori, ma se ne osserva uno piuttosto inquietante: le decisioni degli umani sono “sistematicamente e prevedibilmente sbagliate”.

In effetti, succede di essere troppo ottimisti quando si pianifica il tempo per realizzare un’attività, quando si preparano budget o si definiscono obiettivi. Di fronte ad una situazione diversa da quella che ci aspettavamo, risucchiati in quella che gli psicologi chiamano #’distorsione cognitiva’, si è portati a mantenere lo status quo (#status quo bias) che, in particolare per le aziende, è il mantra predittivo dell’inizio della loro rovina: (“si è sempre fatto così !”).

Accettato questo fatto, piuttosto che intervenire sui comportamenti in modo diretto, si  ritiene più utile ed efficace intervenire sull’organizzazione del contesto all’interno del quale le decisioni sono prese, creando percorsi e ambienti che, come stimoli e spinte gentili, incoraggino le persone guidandole verso la loro miglior scelta possibile, così ottenendo, nel contempo, anche un vantaggio incrementale. Infatti, definito il contesto nel quale muoversi, aumenta anche la probabilità che il cambiamento verso comportamenti virtuosi diventi duraturo, generando così un vero e proprio cambio di paradigma.

La genialità di questo metodo consiste nel fatto che, intervenendo sull’ambiente anziché sul comportamento, la persona si trova “comunque” indirizzata verso la miglior scelta razionale perché vengono neutralizzate le potenziali distorsioni dovute alla naturale irrazionalità.

In effetti, se le nostre pigrizie mentali vengono sfruttate dal marketing per attrarci nel vortice del consumismo provocandoci l’acquisto di beni spesso inutili, perché non agire ugualmente sulle stesse pigrizie mentali per favorire comportamenti più utili e virtuosi ?

La riprova dell’efficacia dei nudge è sotto gli occhi di tutti. Non è forse vero che al nuovo smartphone cambiamo spesso solo le opzioni apparentemente visibili, come sfondo e suoneria, mentre lasciamo intatte tutte quelle già inserite – appunto – di default ? Sono proprio queste impostazioni di base che costituiscono l’ambiente nel quale sono proposte le scelte, le quali, essendo già pronte, a portata di mano, vengono considerate le migliori.

Come si dice ?…cotto e mangiato !

Pensandoci bene, per il fatto di essere già impostate, siamo portati a credere che le opzioni che ci vengono proposte siano la nostra scelta migliore, con la conseguenza che ci troviamo a regolare la nostra vita sull’accettazione delle opzioni di default: mangiamo quasi sempre le stesse cose per colazione, facciamo la stessa strada per tornare a casa dal lavoro, compriamo lo stesso bagnoschiuma, non modifichiamo le impostazioni dello smartphone.

Senza entrare nel merito della teoria dei due sistemi di #Kahneman, la nostra irrazionalità decisionale fa sì che, di fronte alla scelta fra la certezza di una perdita conosciuta e il rischio di un probabile guadagno, l’essere umano preferisca la prima perché, rispetto a qualcosa di ignoto, preferisce qualcosa che abbia un valore pre-definito e già verificato.

Secondo Thaler, dunque, i nudge, intervenendo sulle opzioni di default, rappresentano gli strumenti più efficaci per produrre scelte migliori e provocare cambiamenti duraturi.

Ma chi rende possibile tutto questo ?

Ecco che entrano in gioco gli architetti delle scelte.

Mentre il mondo superficialmente sottovaluta i dettagli sottili considerandoli elementi di contorno fine a se stessi, gli architetti delle scelte sanno bene che è proprio grazie ai pungoli, a queste spinte gentili che si formano le grandi decisioni e, proprio per questo, si prendono la responsabilità di organizzare il contesto all’interno del quale l’homo sapiens sceglie.

Gli architetti delle scelte non impongono obblighi, né divieti, non avallano, non controllano, non intervengono sul risultato, non prendono decisioni. Si “limitano semplicemente” a creare ambienti e contesti più efficaci (opzioni di default) per favorire (nudging) azioni che portano le persone di quel contesto a prendere decisioni più efficaci. E lo fanno con delicatezza. Invitano, stimolano, spingono gentilmente, incoraggiano, pongono un dolce pro-memoria per far sì che il contesto suggerisca azioni razionalmente più utili, ma senza reprimere emotività e irrazionalità.

In questo modo abituano le persone a by-passare le scorciatoie delle euristiche e a dare il giusto valore alla potenza emotiva del feedback. L’obiettivo è quello di svegliare i dormienti, metterli in moto, gentilmente, con una spinta.

In ultima analisi, tutto ruota attorno al potere dell’inerzia.

Quasi sempre interpretata come elemento negativo, l’inerzia costituisce in realtà una potente leva per spingere all’azione al fine di rimuovere, in un contesto convergente, lo status quo.

E’ tutta qui la funzione dei nudge: far cessare l’inerzia, mettendo in atto la regola delle 5P – compiere il “Più Piccolo Primo Passo Possibile“ – coccolando quel torpore che troppo spesso ci porta ad accogliere apaticamente quello che ci viene suggerito.

Resta una domanda fare: come si fa a sapere che quello che ci viene proposto sia davvero il miglior contesto possibile in cui si possano compiere le migliori scelte ?

La risposta è semplice: rompendo l’inerzia e passando all’azione: cambiamo le nostre impostazioni mentali e molto probabilmente ciò che guardiamo cambia.