AGILI SI DIVENTA

AGILI SI DIVENTA

In gara, se hai tutto sotto controllo, forse vai troppo piano.” #(Mario Andretti)

Siamo tutti d’accordo: la flessibilità è la chiave per sopravvivere al cambiamento.

Ma, concretamente, cosa si intende per flessibilità ? Come si fa ad essere flessibili e cosa bisogna fare per esserlo efficacemente ?

Tutto dipende dalle risposte più o meno consapevoli che ci diamo e dal tempo per il quale i comportamenti scelti devono essere mantenuti. La chiave sta in questi elementi, la cui combinata gestione – ce lo dice la storia – può essere portata a termine con successo anche nelle situazioni più estreme: chiedere a #Viktor Frankl !

In presenza di situazioni in continua mutazione, il grado di flessibilità cui ci siamo abituati può non essere sufficiente. Di fatto, quando un sistema complesso muta rapidamente, anche il non rispondere tempestivamente ed adeguatamente equivale a rigidità e produce lo stesso effetto: restiamo indietro.

Se è vero che il cambiamento è l’unica cosa che non cambia, oggi il cambiamento è in continua accelerazione e il punto critico è il progressivo aumento della sua velocità. Ci troviamo dentro un tale vortice di informazioni, costretti a processare sempre più rapidamente una quantità così impressionante di dati che la velocità alla quale ci siamo allineati non basta più. Siamo chiamati a verificare continuamente i nostri standard e, quando serve, a riconfigurarli rapidamente, pena trovarsi disconnessi dalla realtà. Come si sa, ogni cambiamento è foriero di nuove informazioni e dato che le emozioni sono esse stesse informazioni, la conseguenza è che, da analfabeti emotivi quali siamo, rimaniamo bloccati, con conseguenze gravi anche a medio-lungo termine.

A causa di cambiamenti così rapidi prima nemmeno immaginabili in campo tecnologico, politico, economico, finanziario, sociale, sanitario, è necessario diventare emotivamente agili. Il fatto è che non siamo ancora pronti. Non conoscendo gli strumenti, di fronte a situazioni non conosciute siamo portati a re-agire con gli strumenti che conosciamo – di per sé inadeguati – e, per evitare il dolore o la temporanea sconfitta, cerchiamo di trasformare, spesso disperatamente, ogni situazione negativa in situazione positiva ‘a prescindere’. Condizionati dalla distorta interpretazione del ‘positive thinking’, il cui paradigma non sottintende affatto un pensiero positivo a tutti i costi, ma un pensiero pro-positivo capace di generare utili insegnamenti, ci troviamo spiazzati, fuori fase e fuori tempo, e perdiamo di vista il contesto.

Questa distorsione è pericolosa perché ci rende ciechi, facendoci rinunciare a priori ad ogni utile elaborazione che potrebbe invece portare ad un più alto livello di consapevolezza. Di fatto, non venendo elaborata, l’esperienza non si trasforma in best practice e conoscenza e il risultato è solo la replica, seppur in direzione opposta, dello stesso paradigma di rigidità. E’ solo un miraggio, non se ne esce e ci si abitua a costruire una finta positività che genera re-azioni robotizzate. In un modo o nell’altro, restiamo criceti che corrono incessantemente sulla ruota.

Autoconvinti di poter controllare le emozioni, in realtà ne rimaniamo ingabbiati completamente e ci costruiamo false realtà. Il prezzo da pagare a lungo termine è un enorme disagio, anche economico. #(OMS: depressione come prima causa di disabilità).

Per dirla con una metafora, oggi il paradigma non è più ‘pesce grosso mangia pesce piccolo’, ma ‘pesce veloce mangia pesce lento’. C’è tutto un mondo da scoprire. Serve un programma di allenamento all’#‘agilità emozionale’.

E’ un gran passo da fare perché decidere di essere agili emotivamente significa aver voglia di esplorare un ambito personale fino ad ora poco frequentato. Ma tant’è. La certezza è che ne usciremo sicuramente più forti, più preparati, più pronti.

La questione non è affatto banale perché per conseguire valide e concrete utilità dalle esperienze è necessario indagare i dettagli. Il decision making, oggi, si gioca sempre di più su opzioni tutte importanti, fondate su motivi tutti altrettanto importanti che spesso configgono fra loro. Ed è sulla base di questi ultimi che dobbiamo definire le priorità. La complessità è proprio questa.

A prima vista potrebbe sembrare una mission impossible, ma non è così e, soprattutto, è possibile riuscirci. Si tratta solo di ‘affilare la lama’ al fine di rendere meno duro accettare o far accettare scelte che potrebbero apparire inconciliabili. Ovviamente, serve essere allenati ad usare gli strumenti adeguati: empatia, proattività, assertività, linguaggio pro-positivo, problem solving, creative thinking, comunicazione efficace, il tutto guidato da consapevolezza e respons-abilità. E’ con tutti questi elementi messi in campo contemporaneamente che si vince la sfida della forzata positività.

Se la realtà è come è, e non come vorremmo fosse, l’unica scelta utile è affrontarla per come è. Le variabili sono il tempo e le modalità, e queste dipendono dall’abilità di essere emotivamente agili. Del resto, l’esperienza ci insegna che il falso positivismo genera mostri perché le situazioni negative sono comprese nel pacchetto-vita. Non si tratta di pessimismo, bensì di lotta al forzato falso ottimismo.

Diventare emotivamente agili significa costruire un sano ed adeguato rapporto con le emozioni che ci consenta di riconoscerle – le nostre e quelle altrui – e ci aiuti a prendere migliori decisioni in un minor tempo.

Il processo è semplice, ma non per questo facile: dal dire al fare, c’è sempre di mezzo il…FARE !

Agilità Emotiva

=

Consapevolezza/Respons-abilità => Time Mgnt 80/20 => Qualified Decision Making

=

Best Performance/Well Being

Elisir di felicità ? Anche no, ma sicuramente garanzia di miglior vita: personale, professionale, sociale.

Meglio essere un guerriero in giardino che un giardiniere in guerra.” (proverbio giapponese)