Golf e decisioni aziendali
Nella mia pluriennale esperienza professionale ho avuto l’opportunità di progettare molti percorsi di formazione esperienziale per aziende. Uno molto interessante, sviluppato circa quindici anni fa per una multinazionale, aveva come tema il processo decisionale (decision making).
L’obiettivo era quello di implementare ed ottimizzare le capacità decisionali affinché, in un’ottica di sistema, i dirigenti riuscissero a prendere decisioni più giuste, più velocemente.
Il “più velocemente e più giuste” non si riferiva solo a chi era deputato a prenderle, ma all’intero ecosistema aziendale: risorse, funzioni, collaboratori, stakeholder, sindacati, pubblico, clienti e prospect. Una sfida complessa, aggravata da un ulteriore ostacolo: il progetto, pragmatico e concreto, aveva come metafora centrale il golf — e io, del golf, non sapevo nulla.
Dallo scetticismo all’apprendimento esperienziale
Per un ex calciatore professionista come me, il golf era tutto ciò che uno sport non dovrebbe essere: soft, lento, distante dalle dinamiche fisiche e di contatto che conoscevo. Ma il mio approccio è sempre stato: non puoi trasmettere ciò che non hai sperimentato. Così, decisi di mettermi in gioco.
Presi qualche lezione, iniziai a guardare partite in TV, lessi libri e testi tecnici. Lo feci con supponenza, da scettico. E fu proprio questo atteggiamento a prepararmi a un’illuminazione.
Un piccolo libro scritto da un coach americano appassionato di golf — Gay Hendricks — mi cambiò la prospettiva. Il suo stile diretto, il pensiero laterale, la chiarezza divulgativa mi portarono a scoprire tre principi-chiave del golf. Il primo, in particolare, mi colpì come una verità universale.
Il primo segreto del Golf:
La cosa principale è far restare principale la cosa principale
Apparentemente un truismo. In realtà, un principio potente del decision making e della leadership.
Nel golf, il primo colpo — il “driver” — si esegue mettendo la pallina su un tee, un piccolo supporto che la solleva da terra. Lo swing inizia da lì: si carica il colpo portando indietro le braccia (backswing), si scende (downswing), si colpisce la pallina, e si conclude il movimento.
La chiave è: non perdere di vista la pallina. Tenere lo sguardo fisso su di essa fino a che non viene colpita e si accerta che non è più sul tee. Solo dopo si guarda dove è andata. Spostare l’attenzione troppo presto, anche solo per un attimo, rovina il colpo.
Applicazione nelle aziende e nella vita
Nel coaching aziendale, il decision making efficace è il risultato di focus, metodo e pratica mentale, proprio come nel golf. La metafora è chiara: concentrati sul processo, non sull’esito.
Molti cercano soluzioni fuori da sé, strumenti tecnologici o scorciatoie. Ma nessun attrezzo può compensare una mancanza di consapevolezza o una procedura incompleta.
Come dice Hendricks:
Concentrati sul completamento, e il lavoro si farà da sé
Se il colpo è ben eseguito, il risultato arriverà. Vale nel golf, nel lavoro, nella vita. La leadership si costruisce esattamente così: con presenza, concentrazione e cura nell’azione.
Il potere del completamento
Ogni volta che affrontiamo una sfida, possiamo scegliere: immergerci completamente nel processo o guardare subito al risultato. Se completiamo l’azione in modo impeccabile, il risultato spesso sarà buono. In caso contrario, non solo potremmo fallire, ma non capiremo nemmeno dove abbiamo sbagliato.
Il completamento libera energia e chiarezza. Le distrazioni — nel golf come nel lavoro — sono come micro-movimenti inutili: fanno perdere efficienza e non aggiungono valore. Osservando un professionista come Tiger Woods, si nota la purezza dell’esecuzione: ogni swing è armonico, essenziale, potente.
Essere indaffarati non significa produrre risultati.
L’unica domanda utile è:” ho completato in maniera impeccabile il lavoro essenziale prima di passare alla cosa successiva?” Se la risposta è sì, allora sei sulla buona strada.
Niente chiacchiere, niente distrazioni: concentrati sul completamento, e il lavoro si farà da sé.